di padre Angelo del Favero*

ROMA, martedì, 22 dicembre 2009 (ZENIT.org).-“In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra.(…). Anche Giuseppe…salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme. Doveva farsi censire insieme a Maria, sua sposa, che era incinta. Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio. C’erano in quella regione alcuni pastori che , pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: ‘Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia’. E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama’” (Lc 2,1-14).

Il 25 giugno 2008 un decreto della Corte d’appello di Milano ha autorizzato il padre di Eluana a far morire la figlia di fame e di sete. Di mese in mese, di giorno in giorno si arrivò agli inizi di febbraio 2009, e, in quei giorni, un decreto legge del governo che avrebbe salvato Eluana, non fu firmato dal Presidente della Repubblica. Così Eluana fu uccisa per denutrizione forzata.

La sua morte moltiplicò la tristezza nel cuore di molti, poiché sembrò la vittoria delle forze del Male sulla vita e sul suo Creatore, il quale non aveva ascoltato le suppliche insistenti dei fratelli di Eluana, affinchè le fosse risparmiata la vita.

In quei giorni ed oggi in particolare, se l’apostolo Paolo fosse stato invitato a dire una parola di fede sui fatti di Eluana, avrebbe potuto rispondere così: “Egli, che non ha risparmiato il proprio Figlio, ma lo ha dato per tutti noi, come non ci donerà ogni cosa insieme con Lui?” (Rm 8,32).

Un’annuncio davvero natalizio! Dio viene ad esaudirci con Se stesso, Lui, l’Emmanuele, il Dio con noi e per noi. Viene a colmare la nostra solitudine con la sua infinita amicizia; Dio viene a donarci Dio, ed “Egli è il tutto!” (Sir 43,27). Viene a donare tutto ciò che fa felice l’uomo e ne realizza in pienezza la vita: “Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio.(…)..Principe della pace” (Is 9, 5).

Pensando al messaggio di Eluana: questo Bambino è il vero cibo e la vera bevanda per ogni uomo, nutrimento essenziale che sazia e ristora totalmente ogni persona, poiché l’uomo non è né ciò che mangia, né ciò che beve, e la sua vita stessa “non è cibo o bevanda, ma giustizia, pace e gioia nello Spirito Santo” (Rm 14,17).

Il Natale ci dice che la vita trascende la vita fin dal suo primissimo inizio, poiché è predestinata in se stessa al dono di “ogni cosa insieme con Lui”. E il dono di ogni dono, presupposto per ogni altro dono, è la vita umana, creata nell’istante del concepimento per vivere sempre. La vita, infatti, non è mai realmente “tolta”, cioè abolita dalla morte, come non è tolta la luce dal sole quando calano le tenebre. La morte pone fine solamente all’esistenza terrena della vita, trasferendola per sempre nella sua patria celeste.

Perciò il dono della vita non è distrutto mai, qualunque sia l’arma di cui l’uomo si serve per ucciderla. Uccidere la vita non significa annientarla, abolirne l’esistenza: significa solo toglierla da questo mondo terreno. La morte libera la vita dal laccio della carne, come un uccello dal laccio del cacciatore. Per questo, se noi pensassimo che sarebbe assai meglio per tutti i bambini abortiti nella storia dell’umanità che non fossero mai stati concepiti, saremmo in un grande errore, poiché essi godono ora la vita eterna. Così pure se affermassimo che per le centinaia di migliaia di piccolissimi bambini congelati nei frigoriferi biologici, o distrutti nella ricerca criminale, o fatti a pezzi nel grembo materno, finiti nelle fognature o nell’inceneritore, sarebbe stato meglio che non fossero mai stati concepiti, non avremmo compreso il vero valore della vita, il suo principio e fondamento, il suo destino eterno e beato da Dio inscritto nel DNA di ogni uomo, sin dal concepimento.

E’ tutto questo che noi celebriamo a Natale. Secondo la tradizione, molti partecipano oggi alla santa Messa di mezzanotte. Ma quanti ne comprendono il vero significato? E’ nella Messa che noi possiamo comprendere il senso della nascita di Gesù. Essa è tutta orientata verso il dono totale di sè, destinato a compiersi sulla croce: “Sono venuto perchè abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). Ed è grazie alla Messa che noi possiamo celebrare il Natale in “diretta” con la stalla di Betlemme. Questo miracolo di contemporaneità è misteriosamente ma realmente operato dalla liturgia, che trasforma la memoria in “memoriale” grazie al potere della Parola e dello Spirito Eterno di Dio, che attualizzano i fatti di allora per li vivano i presenti di oggi. Così il Bambino di Betlemme, adagiato su di una mangiatoia (segno che proprio quella sua carne sulla paglia sarebbe stata mangiata dai credenti), viene veramente in mezzo a noi, oggi, grazie all’Eucaristia: “Questo è il mio corpo offerto in sacrificio per voi”. Corpo non solo sacrificato, ma anche risuscitato, cioè pieno di forza nuova. Il Figlio di Dio, infatti, nato proprio a Betlemme di Efrata per un decreto di Cesare Augusto, ha voluto sottoporsi al decreto di morte di Ponzio Pilato al fine di moltiplicare la gioia e la vita in tutti gli angoli della Terra, mediante il dono del suo Corpo vivificato dallo Spirito Santo e moltiplicato ogni giorno come Eucaristia.

Allora: “Noi diciamo grazie perché dalla linfa vitale, che mediante l’Eucaristia continuamente ci rinvigorisce, noi riceviamo anche di essere autenticamente e integralmente uomini: uomini al quali è consentito di ragionare, in un mondo che si fa sempre più irragionevole; ai quali è possibile gioire nella speranza, in una umanità sempre più intristita e sfiduciata” (G. Biffi).

Per restituire speranza e gioia a questa umanità, Dio non ha mandato solo suo Figlio in mezzo a noi, ma anche sua Madre. Ovunque, infatti, nasca un bambino, là c’è sempre la madre. Ascoltiamo:“Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce; su coloro che abitavano in terra tenebrosa una luce rifulse. Hai moltiplicato la gioia, hai aumentato la letizia. Perché un bambino è nato per noi, ci è stato dato un figlio” (Is 9,1-6).

Le apparizioni della Madonna iniziano tutte con il fulgore di una luce sconosciuta che avvolge i veggenti, ed anche Paolo, senza volerlo, sembra orientarci alle apparizioni di Maria santissima con queste parole:“Figlio mio, è apparsa la grazia di Dio, che porta salvezza a tutti gli uomini e ci insegna a rinnegare l’empietà e i desideri mondani e a vivere in questo mondo con sobrietà, con giustizia e con pietà, nell’attesa della beata speranza e della manifestazione della gloria del nostro grande Dio e salvatore Gesù Cristo” (Tt 2,11-14).

Osserva mons. G. Ravasi: “Questo brano è una specie di catechismo cristiano dei primi decenni della Chiesa. Esso si apre con l’epifania del Cristo che è la manifestazione suprema della grazia salvifica di Dio e si chiude con la Pasqua, che è la pienezza di quest’opera di salvezza. La liturgia orientale connette costantemente il Natale, “apparizione” del Cristo nella carne, alla Pasqua del Signore, suprema e perfetta “apparizione”. A quest’irruzione deve rispondere l’accoglienza del credente, un’accoglienza che ha dimensioni morali, come ci ricorda questo “catechismo” attraverso una lista di impegni negativi e positivi: lotta all’empietà e alle passioni, vita secondo sobrietà, giustizia e pietà, tensione nella speranza.

Se è “apparsa la grazia” lo dobbiamo alla “piena di grazia”, le cui apparizioni e i cui messaggi corrispondono perfettamente all’annuncio del Vangelo.

Mi sia consentita una testimonianza a titolo puramente personale: Molti mi chiedono se credo che la Madonna appare a Medjugorie. Rispondo sempre con un “sì” gioioso e convinto. Il motivo sta nell’esperienza fatta quando vi andai per la prima volta nel 1984, assieme ad alcuni amici del Centro Aiuto alla Vita di Trento. Arrivammo poco prima dell’inizio della santa Messa. La chiesa traboccava di fedeli, era estate, senz’aria condizionata: un caldo insopportabile e irrespirabile. Rimasi seduto per terra tra molte gambe intorno. Fossi stato nel mio ambulatorio di un tempo, in poltrona e in tali condizioni, dopo un quarto d’ora avrei preso due Cibalgine per la cefalea. Ma lì, invece del cerchio alla testa, mi venne subito un profondo ed inspiegabile raccoglimento. Dopo tre ore uscimmo e più tardi tornammo alla chiesa. Ci sedemmo fuori, schiena contro muro, a contemplare le stelle in silenzio per un paio d’ore. Allora il raccoglimento divenne tanto intenso e la gioia si moltiplicò a tal punto che non ebbi alcun dubbio: era l’annuncio della Presenza amata, quella della Regina del Cielo che teneva in braccio il suo Principe della Pace.

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* Padre Angelo del Favero, cardiologo, nel 1978 ha co-fondato uno dei primi Centri di Aiuto alla Vita nei pressi del Duomo di Trento. E’ diventato carmelitano nel 1987. E’ stato ordinato sacerdote nel 1991 ed è stato Consigliere spirituale nel santuario di Tombetta, vicino a Verona. Attualmente si dedica alla spiritualità della vita nel convento Carmelitano di Bolzano, presso la parrocchia Madonna del Carmine.