Mohamed, 29 anni, denuncia: ho paura di essere ucciso, quando uscirò chiederò all’Italia la protezione umanitaria
di Paola Fumagalli
Tratto da Avvenire del 6 ottobre 2009

«Da quando sono diventato cattolico praticante vengo minacciato di morte dai miei parenti e picchiato tutti i giorni dagli altri detenuti di fede islamica del carcere di Brissogne, nei pressi di Aosta». Questa è la storia di Mohamed Echamali, un 29 marocchino che racconta le sue paure in una lettera inviata a un settimanale locale. Ora, il giovane si trova nel reparto «transito», isolato dal resto dei detenuti. La notizia è stata confermata da fonti carcerarie. «Sono nato in Marocco – si legge – in una città piccola che si chiama Khouribga. Sono arrivato in Italia nel 2000 ed ero di fede islamica. Dopo qualche anno ho conosciuto la mia ex ragazza e, a seguito di questa relazione, sono diventato cattolico. I primi tempi andava tutto bene, ma quando la mia famiglia ha saputo del mio passaggio al cristianesimo, mi ha minacciato di morte. In poche parole, la mia morte fisica è la via giusta per essere perdonati da Allah; loro devono farlo perché sono colpevoli, dato che hanno cresciuto un figlio infedele come me, traditore dell’islam».

Mohamed racconta la sua angoscia quotidiana e chiede disperatamente aiuto: «Adesso mi trovo nel carcere di Aosta – continua – ma fra pochi giorni sarò trasferito perché non posso più stare qui: i detenuti connazionali mi hanno picchiato con rabbia soltanto perché vado in chiesa e non ho fatto il Ramadan come tutti loro».

Il giovane precisa che nel Corano la legge di «Achariaa» condanna a morte le persone che cambiano religione, che passano dall’islam a qualsiasi altra fede, quindi anche al cristianesimo.

Inoltre, le pressioni e le minacce sono tali che il ventinovenne ha chiesto la protezione umanitaria in Italia. La lettera di Echamali continua e l’angoscia aumenta: «Quando uscirò dal carcere andrò davanti alla Commissione per vedere se mi verrà concessa la protezione umanitaria. Ora vivo nel terrore di essere ucciso o accoltellato. Tutti i giorni vivo nella paura; anche quando sarò libero avrò paura di incontrare qualche fanatico religioso pronto a farmi del male».

Sembra che la storia di Mohamed non sia un caso isolato: sempre nel carcere di Aosta si troverebbe un altro detenuto che avrebbe subito lo stesso trattamento, ma che per ora non vuole rendere nota la sua vicenda perché teme di peggiorare una situazione già complessa.

Questa testimonianza di intolleranza religiosa ricorda altri casi drammatici della cronaca italiana, come quelli di Hina e Saana, due ragazze nate nel nostro Paese in famiglie musulmane, ma che volendo vivere come i giovani italiani sono state prima perseguitate e minacciate dalle loro famiglie, e poi  uccise.