Interventi di suor Marie Simon-Pierre, Navarro-Valls e del Cardinale Dziwisz

di Jesús Colina

ROMA, domenica, 1° maggio 2011 (ZENIT.org).- Le 200.000 persone che hanno partecipato questo sabato sera alla veglia di preparazione alla beatificazione di Giovanni Paolo II hanno scoperto aspetti sconosciuti della sua vita grazie alle testimonianze dei suoi più stretti collaboratori.

L’intervento più atteso, seguito anche dai canali televisivi di oltre 100 Paesi, è stato però quello di suor Marie Simon-Pierre, religiosa delle Maternità Cattoliche, la cui guarigione dal morbo di Parkinson è stata il fenomeno scientificamente inspiegabile che ha permesso il riconoscimento della beatificazione del Pontefice polacco.

“Giovanni Paolo II vi sta guardando dal cielo, e sorride”, ha detto la religiosa, che ha riferito dettagli sulla sofferenza che le aveva provocato la stessa malattia che affliggeva Papa Wojtyła e ha confessato: “Sono colpita dal fatto che la mia esperienza abbia partecipato alla beatificazione di Giovanni Paolo II, e di poterlo testimoniare qui”.

Navarro-Valls: si confessava tutte le settimane

Joaquín Navarro-Valls, che è stato portavoce di Giovanni Paolo II per 21 anni, ha spiegato che per capire il Papa polacco bisogna comprendere che cos’è la Misericordia Divina: “Lui, che aveva quasi riscattato la persona umana dal pessimismo, pensava in fondo che la cosa di cui veramente ciascuno ha bisogno è la Misericordia di Dio”.

“Forse per questo cercava questa misericordia di Dio tutte le settimane nella confessione. Si confessava tutte le settimane perché sapeva che noi esseri umani non possiamo farci belli, buoni e puri da soli. Abbiamo bisogno di questo aiuto che ci viene da Dio attraverso i sacramenti”.

Navarro-Valls ha ricordato che lo vedeva nella sua cappella privata, in ginocchio, con dei piccoli biglietti di carta che leggeva e poi pregava per molto tempo. Erano testi delle numerose lettere delle persone del mondo che gli scrivevano e che lui portava nella preghiera. “Tutti i dolori del mondo arrivavano a lui, e lui nutriva la sua preghiera dei bisogni di tutti gli altri. Penso che nella sua preghiera non ci fosse spazio per nessuna cosa personale”.

“Per un cristiano, pregare è un dovere e anche il risultato di una convinzione; per lui era un bisogno, non poteva vivere senza pregare”, ha aggiunto Navarro-Valls. “Vederlo pregare era vedere una persona che sta in conversazione con Dio”.

“Devo dire che in quella giornata, di cui tutti ci ricordiamo, del ‘Santo subito’ ho pensato: peccato che arrivino in ritardo, perché i santi o lo sono mentre sono vivi o non lo saranno mai. Io penso che la Chiesa non fa i santi, la Chiesa semplicemente riconosce, conferma che la vita di quella persona era la vita di una persona santa”.

“Grazie Giovanni Paolo II per quel capolavoro che con l’aiuto di Dio hai fatto nella tua vita”, ha concluso.

Il suo segretario: le due volte che si è irritato

E’ poi toccato al Cardinale Stanislaw Dziwisz, Arcivescovo di Cracovia, segretario personale di Karol Wojtyła per più di 40 anni. Il porporato ha preso la parola per ricordare che i due amori della vita del Pontefice sono stati “Dio (Gesù Cristo) e l’uomo, soprattutto i giovani”.

Il loro primo incontro risale al 1957, quando Wojtyła era il suo docente: “Le sue lezioni erano molto interessanti, ma ciò che ci toccava molto era che dopo la lezione, durante l’intervallo, andava sempre in cappella per pregare e lo guardavamo da lontano, raccolto davanti al tabernacolo in ginocchio. E quando dopo tornava per la seconda lezione, avevamo l’impressione che si fosse incontrato con Qualcuno, con il Signore”.

“Per noi giovani studenti era una cosa molto toccante questa immagine di questo giovane sacerdote così preso dal Signore. E così è stato per tutta la sua vita: immerso nel Signore. Con gli anni, con il pontificato, questa preghiera si è aperta a tutto il mondo, è diventato più maturo, ma ha sempre sviluppato questo fuoco che portava dentro, questo amore verso l’uomo e verso il Signore”.

Il Cardinale ha poi rivelato le due occasioni in cui ha visto Giovanni Paolo II “veramente arrabbiato, ma c’era un motivo”.

“Ad Agrigento, ha alzato la voce contro la mafia e ci siamo spaventati tutti”, ha ricordato.

“E l’altra volta è stata durante l’Angelus, prima della guerra in Iraq. Ha detto con forza: non la guerra, la guerra non risolve niente, ma la pace. Io ho vissuto la guerra. So cos’è la guerra”.

“Ha mandato un Cardinale a Washington e un altro a Baghdad per dire ‘Non cercate di risolvere i problemi con la guerra’. E ha avuto ragione. La guerra ancora esiste e non ha risolto niente”.

Il Cardinale Dziwisz ha poi confessato la grande soddisfazione della sua vita: all’inizio lo chiamavano “il Papa polacco”, ma dopo tutti lo hanno chiamato “il nostro Papa”, anche molti non cristiani. “Ma da domani lo chiameremo ‘Giovanni Paolo II beato’”, ha aggiunto.

Ha quindi parlato della “grande amicizia rimasta fino alla morte” con il Presidente Sandro Pertini, una delle personalità di primo piano della Resistenza italiana, che al termine della sua vita arrivò a confessare che aver conosciuto Giovanni Paolo II gli aveva in qualche modo salvato l’anima.

Dopo l’attentato in Piazza San Pietro, Pertini si recò in ospedale  e rimase lì finché Giovanni Paolo II non si risvegliò dopo l’intervento chirurgico. E quanto Pertini era malato in ospedale e tutti sconsigliavano al Papa di andare a trovarlo, Wojtyła disse: “Lui è stato fedele a me quando ero in ospedale, e adesso, anche se non posso parlare con lui, starò con lui e pregherò per lui”.

Anche se Pertini militò nel Partito Socialista Italiano e nel 1921 fu tra i delegati al Congresso socialista di Livorno che sancì la scissione del partito e la nascita del Partito Comunista d’Italia, “io posso qui testimoniare – ha continuato il porporato – che tante volte mi ha detto: ‘Stanislao, io sono cristiano’”.

Si è così conclusa la prima parte della veglia, chiamata “Celebrazione della Memoria”. La seconda è diventata un Rosario mondiale, che ha unito in ciascuno dei cinque misteri luminosi Roma con grandi santuari di vari continenti.

Da Łagiewniki, a Cracovia, si è pregato per i giovani, da Kawekamo-Bugando (Tanzania) per la famiglia, da Nostra Signora del Libano-Harissa per l’evangelizzazione, dalla Basilica di Nostra Signora di Guadalupe, in Messico, per la pace tra le Nazioni, da Fatima per la Chiesa.

L’atto si è concluso verso le 22.30 con la preghiera finale e la benedizione che Papa Benedetto XVI ha impartito dal Palazzo Apostolico Vaticano grazie al collegamento televisivo.