“Non è il corpo di Cristo”: l’affondo di un militante dell’Unione Agnostici che chiede l’incriminazione del vescovo per abuso della credulità popolare
di Luciano Gulli
Tratto da Il Giornale del 31 gennaio 2011

Vanno per la maggiore gli atei, gli agnostici, gli scettici, i miscredenti, i senzadio e gli increduli. Una volta, chi versava in una delle predette categorie, viveva la sua condizione con disagio, con una certa intima sofferenza, sapendosi in una sparuta e tormentata compagnia di gente che aveva cercato, arrovellandosi a lungo, ma non aveva trovato. Poteva tuttavia capitare che qualcuno, lungi dal menarne vanto, vivesse questo sua lontananza dal sacro, o da un Creatore, con una certa torpida atarassia, o una cupa indifferenza. Certo a nessuno sarebbe venuto in mente, fino a una ventina d’anni fa, di proclamare ai quattro venti il proprio ateismo, e gloriarsene, e fondarci un’associazione, e cercar di far proseliti con la stessa tenacia missionaria di cui diedero prova, tempo addietro, epperò sostenendo tesi diametralmente opposte, quattro signori che di nome facevano Matteo, Marco, Luca e Giovanni, per citare i più noti.

Ma è questo, esattamente questo, in tempi di secolarismo trionfante, il punto cui siamo arrivati. Sicchè non ci meraviglia più di tanto la notizia in arrivo dalle Marche, dove un signor Nessuno irresistibilmente attratto – come tutti, ormai, dalle luci della ribalta mediatica – ne ha pensata una che un angolino di ribalta, sia pure per cinque minuti, oggi gliel’avrà guadagnata. L’uomo si chiama Dante Svarca, ha 72 anni e di mestiere, prima di andare in pensione, faceva il comandante dei Vigili urbani di Ancona, capoluogo di quelle inginocchiatissime Marche che un tempo erano feudo del Papa di Roma. Non a caso è proprio ad Ancona (in Ancona, come dicono all’ombra del Conero) che Benedetto XVI ha voluto si tenesse ultimamente il Consiglio episcopale permanente, in vista del Congresso eucaristico di settembre.

Questo Svarca, pensando di far cosa astutissima e un sacco sagace, ha chiesto ai sacerdoti della Diocesi, attraverso l’arcivescovo di Ancona monsignor Edoardo Menichelli, di «astenersi dal presentare ai fedeli l’eucaristia come il miracolo della transustanziazione, affermando la presenza effettiva nell’ostia consacrata della vera e viva carne di Gesù». Chi lo sostiene, opina il pensionato di Ancona pensando di aver risolto con uno sparo nel buio una questione teologica vecchia di due millenni, abusa della credulità popolare. E dunque, scrive in una sua segnalazione  inviata in Procura, commette un reato. Per avvalorare la sua provocazione l’esponente dell’Uaar (Unione degli atei e agnostici razionalisti) ha chiesto che vengano acquisiti «campioni di ostia consacrata e ancora da consacrare» per poi procedere all’esame del Dna, in modo da «chiarire definitivamente se sia avvenuto qualche reale cambiamento nell’ostia a seguito della consacrazione». Nel caso in cui l’esame riveli solo tracce di frumento, conclude il suo ragionamento l’ex capo dei Vigili di Ancona, come se davvero ignorasse quel che che di simbolico vi è nel grande mistero sacramentale dell’eucaristia, «si prega di voler procedere contro il vescovo, monsignor Edoardo Menichelli».

In questa «crociata» atea si è distinto a suo tempo il giudice di Camerino Luigi Tosti, rifiutandosi di tenere udienza in aule in cui fosse appeso il Crocifisso. Altro caso noto, per restare alle Marche, che si rivelano così ineffabile fucina di atei con fregola di evangelisti, è stato quello di Ennio Montesi, scrittore di Jesi (Ancona), che addirittura ha chiesto asilo politico alla Svezia perchè «discriminato» dallo Stato italiano che gli impone questo «simbolo religioso-politico e di morte della religione o setta cristiano-cattolica». Montesi, «sbattezzato» ed esponente del Movimento Axteismo, aveva chiesto la rimozione del crocifisso dalla stanza d’ospedale in cui era stato ricoverato per un certo periodo, e in seguito aveva presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Ancona, al Tribunale per i diritti del malato e al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Guadagnandosi anche lui, come si diceva, i suoi tre minuti e mezzo di fugace notorietà.