di Franca Selvatici
Tratto da Giustizia Giusta il 14 febbraio 2011

E’ stato cinque mesi e cinque giorni in carcere, accusato di violenza sessuale. Ma al termine del processo il tribunale lo ha assolto.

La donna che lo aveva denunciato non ha presentato appello e la sentenza di assoluzione è divenuta definitiva. Tuttavia la corte di appello gli ha negato il risarcimento per ingiusta detenzione, con l’argomento che egli avrebbe tenuto una condotta gravemente colposa, “caratterizzata da noncuranza, negligenza, imprudenza, indifferenza per quanto da essa potesse prevedibilmente derivare”: una condotta “avventurosa” con la quale avrebbe “certamente” contribuito alla adozione della misura coercitiva.

In parole povere, se è stato in carcere innocente 5 mesi e 5 giorni è anche colpa sua. E’ accaduto a un cittadino peruviano di 32 anni. Superata l’incredulità, i suoi avvocati – Giacomo Passigli, Corso Gineprari e Michele Ducci – hanno presentato ricorso in Cassazione.

Il giovane peruviano, incensurato, era accusato di aver abusato di una connazionale nell’agosto 2008, al culmine di una festa in un locale delle Cascine. Lui ha sempre negato, sostenendo che era stata lei, durante tutta la serata, a fargli il filo, sebbene fosse in compagnia del fidanzato, che il rapporto sessuale era stato consenziente e che poi il fidanzato li aveva sorpresi e avevano fatto a botte. Finito in carcere per violenza sessuale, ha dovuto attendere l’esito del processo per vedere riconosciute le sue ragioni. Alcuni testimoni hanno riferito che la ragazza era stata picchiata non da lui ma dal fidanzato. Le dottoresse del centro antiviolenza di Careggi hanno spiegato di non aver riscontrato sul corpo della ragazza alcun segno tipico della violenza sessuale. La stessa giovane donna ha fornito almeno tre versioni diverse della serata ed è caduta in diverse contraddizioni. Dopo 5 mesi e 5 giorni di carcere, l’imputato è stato assolto. Ma secondo la corte d’appello non ha diritto al risarcimento per ingiusta detenzione per aver tenuto una condotta gravemente imprudente. Una condotta “avventurosa”.

Protestano gli avvocati e nel ricorso in Cassazione scrivono: “E’ assolutamente illogico (e inaccettabile) sostenere che accettare l’invito ad un incontro più intimo con una persona ad una festa, probabilmente dopo aver bevuto un po’ più del normale, debba far ritenere “prevedibile” che l’altra persona possa inventarsi una violenza sessuale”. Il giovane avrebbe potuto prendere in considerazione un eventuale rifiuto della ragazza di andare avanti con il rapporto sessuale o una reazione violenta del fidanzato, ma certo non poteva sospettare di essere denunciato per stupro e di finire in galera per oltre cinque mesi.

Fonte www. repubblica. it