A Gerusalemme, nella mostra dedicata ai 50 anni dei “Giusti” tra le nazioni, continua il percorso iniziato con la revisione del pannello su Pio XII

GIORGIO BERNARDELLI
da Vatican Insider

In una mostra in corso a Gerusalemme, lo Yad Vashem (il Museo dell’Olocausto), torna ad affrontare il tema del rapporto tra il Vaticano e la Shoah. E – confermando il risultato del dibattito storiografico che ha portato nel 2012 alla riformulazione del contestato pannello dedicato a Pio XII nel percorso museale – il Museo della Shoah afferma espressamente che il Vaticano era a conoscenza  del fatto che conventi e monasteri aprirono le porte agli ebrei. La mostra in questione è quella allestita in occasione dei cinquant’anni dall’istituzione dei Giusti tra le nazioni – il riconoscimento che a Gerusalemme viene assegnato a quanti durante la Shoah misero a rischio la propria vita per salvare quella di alcuni ebrei – avvenuta nel 1953. Inaugurata qualche settimana fa si intitola «Sono io il custode di mio fratello», con un chiaro riferimento biblico (ma volutamente senza il punto di domanda che accompagna la domanda di Caino).La mostra ripercorre alcuni nodi e alcune storie emblematiche tra quelle degli ormai quasi 25 mila Giusti riconosciuti dallo Yad Vashem. E una delle sue sezioni è dedicata specificamente agli uomini delle Chiese cristiane (di tutte le confessioni) che compirono questo gesto eroico.

Intitolata «Sotto le ali della Chiesa», questa parte della mostra, pur ribadendo in maniera chiara il punto di vista della storiografia ebraica, tiene comunque presente le obiezioni suscitate dalle polemiche sul pannello dedicato a Pio XII. «Il comportamento dei cristiani durante l’Olocausto continua a rappresentare una sfida per il mondo cristiano anche nel XXI secolo – si legge nell’introduzione della versione on line -. Di fronte allo sterminio degli ebrei, molti leader delle Chiese e sacerdoti rimasero in silenzio e alcuni persino collaborarono. Alcuni – di tutte le confessioni cristiane – rischiarono la propria vita per salvare gli ebrei ed alzarono la voce contro il loro sterminio». Sul tema del rapporto tra i pregiudizi antiebraici e l’antisemitismo nazista, la mostra sostiene che «anche se l’antisemitismo razzista dei nazisti fu un fenomeno diverso rispetto al tradizionale antigiudaismo cristiano, si fondò comunque sui pregiudizi esistenti».  Quanto infine all’atteggiamento specifico della Chiesa cattolica si dice che «la mancanza di una presa di posizione aperta e inequivocabile da parte del Vaticano lasciò ai responsabili delle istituzioni cattoliche la decisione di intraprendere il salvataggio degli ebrei. Alcuni superiori di conventi e monasteri – continua il testo – aprirono le porte ai fuggitivi ebrei e talvolta il Vaticano ne era informato. In alcuni casi i vescovi e altri leader cattolici chiesero al loro clero e ai fedeli di aiutare gli ebrei».

Infine si specifica che «alcuni Giusti tra le nazioni manifestarono un rispetto profondo per la fede dei loro protetti; non salvarono solo le loro vite, ma li aiutarono anche ad aderire ai loro precetti religiosi – celebrando le festività, pregando e seguendo le regole religiose ebraiche – mentre erano nascosti». Nel complesso, dunque, pur trasparendo la diversità di giudizio sull’operato di Pio XII (peraltro in questo caso non citato espressamente), la mostra sui Giusti offre comunque al visitatore dello Yad Vashem alcuni elementi nuovi che possono aiutare a comprendere i termini di un dibattito che – nel pannello rivisto nel 2012 – per forze di cose resta solamente enunciato.