La soddisfazione di Angelo Vescovi, pioniere in Italia della ricerca sulle staminali adulte, per il Nobel a Shinya Yamanaka è palpabile. Dal suo laboratorio a San Giovanni Rotondo la voce rende tutto l’entusiasmo davanti a una notizia attesa eppure sorprendente (i Nobel non sempre premiano le opzioni etiche).

Professore, che portata ha il lavoro di Yamanaka premiato col Nobel?
La scoperta della riprogrammazione cellulare e delle cellule pluripotenti indotte (o Ips) annunciata nel 2006 ha una portata talmente vasta che il riconoscimento è d’obbligo. Ricordo distintamente che quando venne divulgata la notizia, sei anni fa, la mia prima reazione fu di preconizzare questo traguardo. Sono certo infatti che per la medicina e la biologia la scoperta di Yamanaka equivalga alla rivoluzione nel settore della fisica con la legge sulla relatività di Einstein, poiché essa cambia radicalmente la nostra percezione sulla struttura, organizzazione e plasticità degli esserri viventi, uomo incluso. Inoltre, credo di avere raramente assistito a una scoperta che abbia causato un impatto e cambiamento di prospettiva di questo livello in un settore scientifico, con un numero di pubblicazioni di altissimo profilo e lo sviluppo di nuovi modelli, teorie e potenziali applicazioni terapeutiche nei fatti inimmaginabili sino a sei anni fa.

Ma perché la scoperta del neo-premio Nobel è tanto importante?
Quando sulla scia del lavoro di Yamanaka si tocca un nuovo argomento spesso si apre un’intera nuova area di ricerca, e questo a memoria di scienziato accade molto raramente.

Qual è allora il nucleo del lavoro del medico giapponese?
Nel nostro organismo dopo la fecondazione si assiste allo sviluppo delle cellule da uno stadio di totipotenza – ovvero la capacità di generare tutte le cellule dell’organismo – al livello di cellule multipotenti, perdendo una parte della capacità di differenziarsi (cioè di evolversi in un intero individuo). Da qui in poi, attraverso un progressivo restringimento del potenziale di sviluppo cellulare, si formano le cellule staminali specifiche per ciascun tipo di tessuti (le cellule somatiche “adulte”). La formazione dell’organismo viene dunque vista come un processo di differenziazione nel quale le cellule perdono un po’ per volta la loro massima plasticità originaria per specializzarsi. Yamanaka ha trovato il modo di riportare la cellula adulta a uno stadio simile a quello embrionale dimostrando che, per quanto specializzate, le nostre cellule sono artificialmente riprogrammabili senza toccare gli embrioni.

Quali sono i possibili effetti di questa scoperta?
Innescare il processo di riprogrammazione in maniera controllata apre una serie di applicazioni del quale intravediamo solo l’estensione, con potenzialità difficili persino da immaginare. Il processo messo a punto da Yamanaka ci porta infatti alla possibilità concreta di prelevare cellule della nostra pelle e ricondurle allo stadio di staminali embrionali. Da queste è possibile poi ottenere qualunque tipo di cellula dell’organismo, con immense possibilità applicative nella medicina rigenerativa e vantaggi decisivi. Le cellule mantengono infatti lo stesso patrimonio genetico della persona da cui sono state prelevate prima della riprogrammazione. Ed essendo clonate non esiste alcun problema di rigetto. Non solo: cellule come queste, che l’organismo riconosce come proprie, possono essere utilizzate come cavalli di Troia per introdurre cellule “corrette” nell’organismo di pazienti che soffrono di malattie genetiche. E infine è addirittura indescrivibile il potenziale delle Ips per studiare le malattie sulle cellule dello stesso paziente, incluso il campo dell’oncologia e del “ringiovanimento” dei tessuti. Yamanaka ha acceso una luce dentro una stanza finora rimasta al buio.

Perché le cellule riprogrammate sono considerate “etiche”?
La tecnica consegue risultati mai – ripeto, mai – ottenuti con le cellule ricavate da embrioni umani. Molti hanno sostenuto – anche in Italia – che negare l’uso di cellule embrionali avrebbe costituito un grave impedimento per la ricerca farmacologica. A smentirli definitivamente sono arrivate le Ips, che mostrano come si possa giungere a risultati scientifici eclatanti preservando l’integrità della vita umana e non creando alcun problema etico. Questi studi discendono dalla scelta di cercare risultati senza passare dagli embrioni. Tutto nasce cioè da una radicale obiezione etica di scienziati che non intendono calpestare con indifferenza l’essere umano.

Il Nobel fa giustizia di tante critiche ricevute da Yamanaka. Perché la scoperta delle cellule riprogrammate ha sollevato polemiche?
La sua tecnica ha spiazzato quanti hanno depositato brevetti, costruito carriere o impostato modelli di sviluppo (penso a Stati come Inghilterra, Singapore, Israele) investendo pesantemente sulla ricerca con embrioni umani, i cui risultati oggi sono surclassati da quanto emerso grazie alle cellule riprogrammate. Chi – come il Giappone – ha avuto il coraggio di investire sulle Ips ora si trova con un grande vantaggio competitivo. Quando nel nostro Paese si accese il dibattito sulle staminali dissi che il primo a lanciarsi nel campo delle cellule adulte si sarebbe preso tutto il banco, un po’ come coloro che investirono sui transistor. Purtroppo l’Italia ha fatto assai poco, e sta perdendo le posizioni d’avanguardia che si era conquistata. Cogliendo questi movimenti scientifici si possono tutelare interessi nazionali rilevanti, con un impatto potenzialmente enorme sull’economia. Non è troppo tardi, non ancora.

Francesco Ognibene da Avvenire.it