Servono i test attitudinali ma occorre anche una guida
di Francesco Alberoni
Tratto da Il Corriere della Sera del 25 maggio 2009

Esiste una vocazione? E se esiste è qualcosa che ci indica una professione specifica o è piuttosto una propensione, un interesse, una attrazione verso un campo di attività? E come facciamo a riconoscerla, a trovarla ?

Alcuni hanno una vocazione specifica. Di solito quando c’è una tradizione familiare musicale o artistica o in una impresa che esiste da diverse generazioni. Ma il più delle volte la vocazione si presenta come interesse verso un certo campo di attività. A quindici anni io volevo «studiare l’animo umano». Ma era una aspirazione vaga che poi ho realizzato cambiando più volte strada e attraverso diverse professioni: lo psicologo, il sociologo, il professore universitario, lo scrittore. Sempre in base alle mie esperienze posso inoltre dire che quando uno ha una forte motivazione finisce sempre per trovare la sua strada. Perché impara, diventa bravo e sono gli altri che gli fanno proposte, gli chiedono di svolgere una attività utile.

Ma non tutti hanno una vocazione precoce. Molti ragazzi sono incerti, non si sentono attratti da nulla in particolare, si disperdono in cento attività superficiali, si fanno trascinare qua e là dagli amici. Per aiutarli bisogna inserirli in strutture definite, con attività regolari. Io lo vedo al «Centro Sperimentale di Cinematografia», dove gli allievi lavorano insieme e ciascuno scopre di avere un particolare talento, di riuscire bene in quel campo, per cui si appassiona, si specializza, e gli altri riconoscono la sua bravura.

Non facciamo però l’errore di confondere la capacità con la vocazione. Alcune persone possono essere molto brave in un campo come la matematica, il disegno, la letteratura o la musica, ma senza avere la carica di entusiasmo che fa una vera vocazione. Per scoprire la vocazione di un ragazzo servono i test attitudinali, ma occorre anche una persona saggia, che stia con lui, che gli parli e scopra quali sono i suoi desideri, le sue aspirazioni più forti. Infine sono decisivi gli incontri umani, le esperienze concrete in cui ci rendiamo conto se quella è veramente la nostra strada. Pensiamo a Michelangelo quando ha potuto frequentare Lorenzo il Magnifico, a Leonardo quando ha messo piede nella bottega del Verrocchio, a Freud quando ha incontrato lo psichiatra Charcot. Questi sono esempi famosi, ma, in realtà, ciascuno di noi può incontrare il suo Verrocchio o il suo Charcot. L’importante è essere pronti all’incontro.