di Stefano Vecchia
Tratto da Avvenire del 6 settembre 2009
«Nessuno sconto per gli studenti». Smentendo se stesso, l’Ospedale femminile Huaxi, nella città cinese di Chongqing, una megalopoli estesa decine di chilometri nella Cina centro-meridionale, ha negato di avere mai praticato sconti per le studentesse che intendessero interrompere la gravidanza. Il motto sui volantini promozionali era invece eloquente, al punto da inquietare persino i media cinesi: «Gli studenti sono il nostro futuro, ma se succederà loro qualcosa chi li aiuterà e li proteggerà?». Pronta e tranquillizzante la risposta: «L’ospedale femminile Huaxi di Chongqing ha avviato il mese per la cura dello studente, in cui chi lo vuole potrà abortire risparmiando il 50% del costo mostrando la tessera studentesca». «L’operazione non è dolorosa e non nuocerà agli studi», concludeva la pubblicità. Interpellato dall’agenzia Ansa, il personale dell’istituto ha negato di essere al corrente di questa iniziativa, ma ha confermato che l’ingresso alla struttura è libero per adolescenti che chiedono di abortire anche feti di sette-otto mesi. Con il beneplacito dei responsabili della salute pubblica.
La legge cinese, infatti, non persegue l’interruzione di gravidanza, ma si limita a indicare la necessità dell’approvazione delle autorità per aborti successivi alla 14esima settimana di gestazione e consigliare di non superare le 27 settimane per i rischi che comporta. Indicazioni contenute nel regolamento del 2002 contro la pratica della diagnosi prenatale del sesso e nelle note interpretative successive, ma disponibili in modo assai più ampio e sovente fantasioso in migliaia di siti Internet cui si abbeverano i cinesi – le cinesi, ovviamente, in maggioranza – per avere risposte concilianti e soventi fuorvianti, tra cui scegliere la possibilità più consona per porre termine a una gravidanza indesiderata o inattesa. Recenti statistiche hanno mostrato che si tratta in modo crescente di giovani donne sole.
Il 62 per cento degli aborti registrati ufficialmente, infatti, riguarda ora single tra i 20 e i 29 anni, non necessariamente esponenti delle classi più arretrate. A riprova della scarsità d’informazione su temi di rilevante importanza sociale, cui fanno da contraltare la burocrazia soffocante e il sempre stretto controllo politico ma anche di un crescente permissivismo.
Nessun problema morale, dunque, e non a caso l’aborto è diventato una prassi che riguarda 13 milioni di casi l’anno a fronte di 20 milioni di cinesi nati vivi. Il costo medio di un’interruzione di gravidanza in clinica autorizzata è circa 60 euro: non a buon mercato, ma nemmeno impossibile. Promozioni e illegalità provvedono a ridurlo ulteriormente per chi non abbia mezzi. Aborto, pillola contraccettiva e “pillola del giorno dopo” (10 milioni quelle vendute in un anno) tendono a diffondersi come strumento di libertà personale e a questo punto i loro “risultati” superano in entità quelli della politica governativa del figlio unico. Al punto da costringere il governo a rivedere tutta la questione demografica e a puntare, con ogni probabilità già nei prossimi mesi, su un nuovo sistema che ammetta il secondo figlio finora negato, più aperto alle scelte familiari che alle esigenze della pianificazione. La ritirata dell’“altra metà del cielo” rischia infatti di diventare un detonatore sociale, come pure l’invecchiamento della popolazione in età produttiva.