di Paolo Rodari
Tratto da Il Foglio del 9 settembre 2010
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A pochi giorni dall’arrivo del Papa nel Regno Unito (16-19 settembre) la chiesa episcopale scozzese – diversamente dall’Inghilterra e dal Galles non è la chiesa ufficiale del paese – ha adottato una decisione che fa molto discutere.

Ha deciso di bandire dal proprio culto ogni riferimento a Dio come persona di genere maschile. “Vogliamo parlare di Dio al di là del suo genere” hanno detto i vescovi riuniti di recente in Sinodo. E ancora: “E’ una questione di correttezza politica. Non stiamo dicendo che Dio non sia di sesso maschile. Stiamo dicendo che egli è anche femminile. Stiamo cercando di usare un linguaggio che permetta adeguatamente di descrivere ciò che è indescrivibile, appunto il genere di Dio”.

La decisione dei protestanti scozzesi arriva dopo mesi convulsi e difficili. Recentemente, oltre all’ammissione all’ordinazione sacerdotale delle donne, i protestanti scozzesi hanno sancito la possibilità dell’ordinazione per uomini dichiaratamente omosessuali. Decisioni in linea con diverse chiese protestanti sparse per il mondo. Decisioni, tuttavia, che hanno causato e stanno causando drammatiche scissioni all’interno dello stesso mondo protestante. In particolare le ultime disposizioni adottate in Scozia hanno provocato vibranti proteste da parte delle aree più conservatrici della stesse comunità. “Sono decisioni all’insegna del politically correct e niente più”, hanno detto i fedeli più tradizionalisti. E ancora: “Si tratta di decisioni non coerenti con l’insegnamento della Bibbia”.

Quanto alla Bibbia non sono stati pochi gli ostacoli da superare. La Sacra Scrittura è piena di riferimenti a Dio come persona di genere maschile. “Il Signore”, “Egli”, “Lui” sono termini che ricorrono di continuo. Così gli estensori del nuovo rito hanno dovuto lavorare di fino, intervendo soltanto laddove il testo lo ha permesso.

Non sono pochi i fedeli che dalla pubblicazione della costituzione apostolica Anglicanorum coetibus in poi (4 novembre 2009) hanno deciso di lasciare l’anglicanesimo e tornare alla comunione con Roma. Anche in Scozia la situazione è difficilmente arginabile dalle gerarchie della chiesa episcopale. Oltretutto alle nuove disposizioni si contrappone l’arrivo oltre Manica di un pontefice, Benedetto XVI, che anche nel rispetto delle regole liturgiche e del valore della tradizione bimillenaria della chiesa, ha fatto uno dei capisaldi del suo pontificato.

Due giorni fa è stato il maestro delle celebrazioni liturgiche pontifice, monsignor Guido Marini, a lanciare un segnale importante al mondo anglosassone quanto a regole liturgiche e loro rispetto. Ha annunciato che in Scozia e in Inghilterra il Papa reciterà la messa adottando parti del canone in lingua latina. Non èp una novità ma è un segnale importante rivolto anche alla chiesa cattolica inglese che spesso, in passato, si è macchiata di non pochi abusi liturgici. Ha spiegato Marini: “Le parti nelle quali il Papa si riserva di utilizzare il latino sono per sottolineare l’universalità della fede e la continuità della chiesa”.

Ma c’è di più. Marini ha anche parlato del prossimo messale in lingua inglese che verrà adottato dalla chiesa locale il prossimo anno. Ha detto: “Il testo sarà aderente all’originale latino utilizzato dalla chiesa per 1. 500 anni, prima del Concilio Vaticano II”. Parti di esso saranno recitati già dal Papa nei prossimi giorni di permanenza in Scozia e Inghilterra”.