Al Borgo Don Bosco di Roma, che ospita 1.500 ragazzi a rischio, servono 500mila euro per non chiudere. Un dovere salvare l’istituto
Sabato scorso ho visitato il Borgo ragazzi Don Bosco nel quartiere di Centocelle, uno dei più difficili sul piano della convivenza e della sicurezza di Roma. Accoglie circa 1500 minori a rischio o disagiati, soggetti a dispersione scolastica o sottoposti a misure penali alternative. Quelli che nessun’altra struttura educativa accetterebbe, qui trovano l’opportunità concreta di recuperare fiducia in se stessi e di riscattarsi socialmente imparando un mestiere. Ebbene oggi il Borgo nato nel 1948 per accogliere gli sciuscià, i ragazzi rimasti orfani a causa della guerra, rischia di chiudere per mancanza di fondi.
Ci sono andato con lo spirito di solidarietà da ex allievo salesiano, avendo frequentato e vissuto in collegio all’Istituto Don Bosco al Cairo per otto anni tra il 1962 e il 1970, consapevole che ciò che sono oggi lo devo molto a un’educazione olistica d’ispirazione cristiana che ci fortifica dentro trasmettendoci una conoscenza che si fonda sulla verità oggettiva, dei valori assoluti e universali che sono l’essenza della nostra umanità, la capacità di realizzare delle opere buone che ci rendono partecipi nella costruzione di una società migliore.
Rivolgo un accorato appello al presidente del Consiglio Berlusconi, anche lui ex allievo salesiano, al ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca scientifica Mariastella Gelmini, al vice-presidente della Commissione Europea Antonio Tajani affinché si rechino in visita al Borgo ragazzi Don Bosco per toccare con mano quanto oggi viene concretamente fatto per salvare dalla devianza sociale e dalla criminalità decine di migliaia di minori e rendersi conto dei maggiori costi umani, sociali ed economici che l’insieme della collettività sarebbe costretta ad accollarsi qualora questo centro di rieducazione dovesse chiudere.
La condizione dei minori in Italia presenta delle criticità che ci impongono di intervenire subito e con efficacia. La dispersione scolastica, ovvero il non assolvimento dell’obbligo scolastico, coinvolge ogni anno 34mila minorenni. Lo sfruttamento del lavoro minorile, legato anche ad attività criminose quali la prostituzione, il contrabbando, lo spaccio e l’accattonaggio, coinvolge oltre 144mila minorenni di età tra i 7 e i 14 anni, circa il 3,1% del totale. La mancata integrazione culturale dei quasi 600mila minorenni extracomunitari li rende le principali vittime della dispersione scolastica e dello sfruttamento del lavoro minorile.
«In ognuno di questi ragazzi, anche il più disgraziato, v’è un punto accessibile al bene. Compito di un educatore è trovare quella corda sensibile e farla vibrare», disse Don Bosco. Oggi il Borgo ragazzi Don Bosco accoglie circa mille ragazzi nell’Oratorio con un costo annuo di 200mila euro; 300 ragazzi nel Centro formazione professionale con un costo annuo di 1 milione e 320mila euro; 220 minori in situazione di disagio conclamato nell’area «Rimettere le Ali» che consta di un centro diurno e di una casa famiglia dal costo annuo di 580 mila euro. Ebbene, a seguito del taglio dei fondi pubblici destinati alle scuole private, il Borgo ha la necessità di disporre di 500mila euro all’anno per poter svolgere la propria attività. Nella consapevolezza che l’accesso alle risorse pubbliche sarà sempre più difficile, si spera nel contributo sia dell’Unione Europea sia dei privati.
I salesiani sono presenti in Italia con 106 scuole e circa 60 Centri di formazione professionale (Cfp) nella maggior parte delle Regioni, offrendo l’istruzione a quasi 50mila allievi all’anno e impegnando più di 3.500 operatori scolastici. Al pari delle altre scuole private subiscono le conseguenze del fatto che in Italia, a differenza del resto dell’Unione Europea, la parità scolastica che si traduce nella libertà della scelta educativa non è garantita a causa dell’esiguità delle risorse pubbliche. I salesiani si contraddistinguono per essere i pionieri nella formazione professionale destinata a quei giovani che, dopo la conclusione positiva della scuola secondaria di primo grado, optano per un percorso formativo professionalizzante più breve rispetto a quello scolastico, di 3 anziché 5 anni, e più rispondente alle esigenze del mondo del lavoro. Oggi sono circa 170 mila i ragazzi che frequentano i Centri di formazione professionale salesiani. Ebbene a soli 3 mesi dal conseguimento del diploma, un giovane su due trova il suo primo impiego. Si tratta di risultati importantissimi in un’Italia in cui il 30% dei giovani è disoccupato e il 20% esce dai circuiti formativi senza nessun titolo.
Ebbene questa offerta formativa dei salesiani è a rischio sia perché i fondi che lo Stato concede alla scuola privata sono insufficienti sia perché siamo avviluppati in una cultura che mortifica il lavoro manuale. Dei 530 milioni di euro di finanziamento pubblico contemplato per il 2011, di fatto a oggi è stato concesso meno della metà. Eppure ci sono 150mila posti di lavoro manuali vacanti nelle micro, piccole e medie imprese che i giovani italiani non fanno, o perché mancano proprio le competenze specifiche o perché più semplicemente non sono disponibili a rimboccarsi le maniche e a svolgere dei lavori manuali, quali meccanici, elettricisti, falegnami, idraulici, panettieri. Proprio le specializzazioni che i Centri di formazione professionale dei Salesiani promuovono e che rischiano di chiudere per mancanza di fondi.
Quale sarà il risultato? Questi posti di lavoro manuale verranno svolti sempre più dagli immigrati; i giovani italiani saranno sempre disoccupati accrescendo i costi umani, sociali ed economici che comportano la disoccupazione, la devianza sociale e la criminalità; in alternativa i nostri figli, specie i migliori, saranno costretti a emigrare accentuando la tendenza in atto al suicidio demografico che sin d’ora vede l’Italia all’ultimo posto in seno all’Unione Europea per il tasso di natalità. Se ci vogliamo veramente del bene dobbiamo prevenire tutto ciò e cominciamo a farlo salvando il Borgo ragazzi Don Bosco.
di Magdi Cristiano Allam
da Il Giornale