Ma non è stata così per la bambina down respinta nella spiaggia di Ostia.

“L’economia e la finanza non esistono per se stesse, sono solo uno strumento, un mezzo. Il loro fine è unicamente la persona umana e la sua realizzazione nella dignità” ( dal discorso del Santo Padre Benedetto XVI° ai Rappresentanti della Banca di sviluppo del Consiglio d’Europa -12 giugno 2010).

Sono parole che anche se sono indirizzate e riflettono un situazione economica che incombe sulla società in genere, ciò non di meno coinvolgono la solidarietà sociale, principio altamente etico che ogni uomo deve sostenere verso i più sfortunati della vita, i  più bisognosi, i  più diseredati che non sono solo portatori di handicap, ma di diritti di uguaglianza e pari dignità sociale più volte richiamata dalla n/s Costituzione e poco incarnata.

Da diverse settimane sui vari quotidiani si leggono notizie della rapida escalation di violenze fisiche e verbali verso un proprio congiunto, un amico, un cittadino qualunque, ricondotte ad improvvisi “raptus” di follie, di incomprensibili atteggiamenti sociali, che psichiatri e psicoterapeuti si fanno in quattro per definire questi comportamenti.

E’ quanto è successo ad Ostia dove una bambina, in condizione genetica della sindrome di down in un parziale grado di ritardo mentale, disabile, od in condizioni di altri termini che tendono ad esprimere una menomazione funzionale od una infermità di disabilità dall’inserimento nella vita sociale, inabile a vivere in mezzo agli altri o privata del diritto ad interagire con il mondo e con altre persone, è stata respinta da uno stabilimento balneare, forse, perché occupava con i propri genitori uno spazio di arenile riservato al gestore.

Questo comportamento, considerato un normale fatto di cronaca, potrebbe essere giustificabile verso “abusivi” “furbetti” o “bricconcelli”, ma nel suo insieme desta un senso di incomprensione e di ribellione. Comunque quel “gesto”non è la strada sociale che risalta i valori della giustizia, della solidarietà, della equità, delle pari opportunità, “qualità” che dovrebbero guidare il cittadino attento ed onesto, oggi purtroppo, avviato sulla strada dell’egoismo e del permissione  più sfrenato.

Anche se l’espressione “dignità umana” è diventata la parola della modernità, essa indica essere insita nell’uomo,  tematica ricchissima e complessa, il cui fine è la promozione e la difesa della dignità dell’uomo, di ogni uomo dal concepimento alla morte naturale, promuovendo una cultura della vita che dia un fondamento di amore all’intera società “ per la sua realizzazione nella dignità”, come osserva giustamente il Santo Padre.

Le famiglie, incolpevoli, prendono atto di un bilancio sociale alquanto deludente, anche proveniente dai vari gradi di insensibilità dei rappresentanti della vita pubblica, non proprio elogiabili, soprattutto nell’osservare il disinteresse delle Istituzioni, tutti intenti come sono nella loro litigiosità, invece di “guardare” verso il mondo della sofferenza e perseguire quegli sforzi per assicurare benefici, anche di un arenile specifico, che non lesino l’inalienabile dignità della persona umana.

Signor Presidente del Consiglio dei Ministri, quei benefici fanno parte di quei diritti che dovevano essere raccolti in un Testo Unico, riguardanti i disabili fisici e gli handicappati mentali, che molti anni or sono aveva promesso di adottare. Ricorda?

Signori della politica : nell’opinione pubblica persiste intenso il timore di perdere quei diritti sociali condensati nel rispetto della persona umana, anche se, una progressione di “esternazioni” di “ricorrenze” di “episodi” non bene definibili come nel caso della bambina down di Ostia, vanno affermandosi, per essere ritenuti dalle Istituzioni un fatto di cronaca e non essere considerati un dovere da incarnare in un provvedimento protettivo.

Purtroppo la vita quotidiana è anche segnata da “conseguenze”, “fatti” o “misfatti” che impediscono di percorrere anche la strada dei valori etici.

C’è proprio da vergognarsi!

Felice Previte

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